Indice
Ogni qualvolta nasca un nuovo social ci chiediamo se si tratterà di una meteora o di un fenomeno destinato a radicarsi capillarmente nella vita di ognuno di noi. L’ultimo in ordine di tempo è Clubhouse.
Ma per Clubhouse è necessario fare un discorso differente. Non è solamente un fenomeno social, ma porta dietro di sé un cambiamento nel paradigma che potremmo definire epocale. In un mondo digitale dominato dalle immagini e dall’istantaneo, Clubhouse va infatti in una direzione diametralmente opposta.
Sono proprio le sue caratteristiche così peculiari e originali a renderlo uno strumento così chiacchierato e controverso. Non è infatti tutto oro quello che luccica. Clubhouse presenta indubbiamente grandi opportunità ma anche grossi rischi per i brand che decidono di utilizzarlo come strumento aggiuntivo alle loro attività di comunicazione e marketing. Infatti, dopo una prima fase in cui sempre più brand entravano a fa parte di Clubhouse, da circa un mese a questa parte il fenomeno sembra aver perso gradualmente di potenza.
Una meteora destinata a spegnersi in fretta? No, più probabilmente dopo un periodo di Hype e clamore mediatico in cui valeva il principio “dell’esserci a tutti i costi”, i brand hanno ora l’opportunità di riflettere sul medium e capire quale sia la maniera più efficace e produttiva per inserirsi all’interno.
In questo articolo cercheremo di analizzare sia i pro che i contro di questo nuovo social media audio, dando dunque ai brand gli strumenti per poter fare una riflessione più approfondita su Clubhouse.
Partiamo subito!
Le caratteristiche originali di Clubhouse
Prima di tutto dobbiamo capire quali sono le caratteristiche che rendono Clubhouse così originale rispetto agli altri social media. Ne abbiamo elencato le principali, funzionali al nostro discorso sul rapporto tra brand e Clubhouse:
- Esperienza live
Su Clubhouse le conversazioni avvengono in diretta e non possono essere registrate per un ascolto successivo. Se quindi non sei nella stanza, ti perdi quello che sta succedendo o, sarebbe meglio dire, quello di cui si sta parlando. Questo significa che gli utenti sono portati a spendere davvero tanto tempo sull’app per non perdersi le conversazioni di loro interesse. Questa caratteristica altro non è che l’espressione del principio di FOMO (fear of missing out), ovvero la paura di essere tagliati fuori da esperienze sociali gratificanti.
- Conversazioni profonde
Su Facebook, YouTube, Instagram o Twitter gli utenti condividono dei commenti che sono relativamente brevi, instaurando un tipo di dialogo molto superficiale prima di perdere l’attenzione e spostarsi velocemente su immagini o messaggi differenti.
Su Clubhouse invece gli utenti sono invogliati a ingaggiare conversazioni anche molto lunghe che possono durare ore se non giorni su degli argomenti di interesse. Clubhouse permette dunque una forte interazione, coinvolgimento e, persino, intimità. Tutti indici ai quali i brand e i reparti marketing dei social media ambiscono particolarmente. Guadagnare anche soli 30 secondi di attenzione su piattaforme come Instagram o Tik Tok può essere un risultato davvero positivo. Ma catturare 60 minuti di attenzione e tempo degli utenti su Clubhouse è tutta un’altra storia.
- Un social autentico
Clubhouse non è il social delle apparenze. La stessa esperienza di “live audio” si muove proprio in questa direzione. In un momento in cui per esempio Instagram, sulla scia del successo di Tik Tok, aggiunge funzionalità che permettono la creazione di video (reel) con l’aggiunta di sottofondi musicali, testi, link in cui è possibile modificare la velocità di riproduzione e unire video differenti dando vita ad un contenuto precostruito, Clubhouse fa qualcosa di totalmente differente.
Non è infatti possibile registrare le conversazioni e persino le registrazioni dello schermo sono vietate. Su Clubhouse non si può apparire “diversi dalla realtà” o perfetti secondo le regole social alle quali siamo ormai abituati. Clubhouse si configura dunque come un social realmente relazionale. Inoltre, l’impossibilità di registrare le conversazioni non rende forse gli utenti meno timorosi e più liberi da un certo punto di vista?
- Un social “community”
Ormai nessun brand può evitare di essere presente sui social. E spesso la loro presenza si riduce alla semplice pubblicizzazione dei prodotti o servizi offerti. E così non solo i brand diventano strumento di pubblicità ma anche gli influencer o semplici utenti che simulano con i loro profili questi meccanismi. Su Clubhouse invece gli utenti per essere riconosciuti e apprezzati devono creare conversazioni di valore.
Quando una conversazione può essere considerata di valore? Al di là del tema o dell’argomento, lo diviene nel momento in cui è in grado di generare interesse e valore per chi ascolta, fornendo informazioni utili e aiutando le persone a raggiungere i propri obiettivi. Su Clubhouse non c’è spazio per una forma di pubblicità che ormai da anni risulta essere sempre meno vincente, basata sull’infotainment e la banale proposta di prodotti o servizi. Clubhouse è un social basato sulle comunità, sulla condivisione delle idee, dei consigli e delle capacità: non prodotti o servizi. Comunità piccole e di nicchia capaci di dare vita ad un clima di intimità in contrasto con il chiasso delle larghe platee di utenti tipiche degli altri social network.
- Un social relazionale
Clubhouse è il social di relazione per eccellenza. Il fatto che tu possa essere un semplice studente universitario e condividere una stanza (room) con un personaggio come Drake o Mark Zuckerberg o Elon Musk definisce già bene le nuove possibilità di accesso e vicinanza che Clubhouse è in grado di offrire agli utenti. Ma non è finita qui. La varietà di voci, comunità, esperti di diversi settore e conversazioni su uno spettro di argomenti molto vario rende Clubhouse un social decisamente relazionale. Le persone in Clubhouse hanno finalmente voce nel vero senso della parola.
- Un social totalmente audio
Clubhouse è totalmente audio: avremmo forse potuto semplicemente descrivere questa caratteristica per inglobare tutti i vantaggi di cui abbiamo parlato fino ad ora. L’audio infatti ha tra le sue caratteristiche intrinseche autenticità, intimità ed engagement. E attenzione a pensare che Clubhouse sia un fenomeno audio del tutto isolato. E’ piuttosto l’espressione social di una tendenza che ormai da qualche anno è sempre più evidente: l’audio che diventa protagonista della comunicazione mondiale rispondendo al bisogno di una forma di comunicazione più autentica, genuina e che riesca nell’impresa di andare oltre la superficialità, le apparenze e la mancanza di reali contatti.
Se volete scoprire come funziona Clubhouse abbiamo realizzato un breve video in cui spieghiamo davvero tutto quello che è importante sapere su questo nuovo social totalmente audio.
“Ottimo, tutto bello – sono un brand e mi butto a capofitto su Clubhouse”
“Aspetta un attimo. Ora ti facciamo vedere anche l’altra faccia della medaglia: i rischi legati a Clubhouse per i brand”
I rischi di Clubhouse per i brand
“Se si dà la parola a qualcuno che è in disaccordo, offende il brand o è di opinione negativa, come posso gestire la situazione?”
“E se la stanza non dovesse avere successo?”
“E se nella room che creo entra un hater che vuole solo offendere il mio brand?”
Questi sono alcuni dei principali dubbi e timori che riguardano non solo i brand ma anche gli utenti che si approcciano a Clubhouse.
Prima di tutto, è bene sottolineare il fatto che quando un utente entra in una stanza, il suo microfono è di default in modalità muto. Spetta dunque ai moderatori della room dare la possibilità di parlare ad un utente. E questa rappresenta una prima barriera nei confronti degli hater.
Tuttavia un moderatore potrebbe per sbaglio dare la parola ad una persona che non ha voglia di ingaggiare una conversazione costruttiva. E questo rappresenta un grosso rischio per i brand. Per questo motivo in America stanno nascendo figure professionali di moderatori di stanze di Clubhouse: il ruolo dei moderatori risulta fondamentale su Clubhouse.
Più un brand è infatti polarizzante, tanto più numerosi saranno i suoi fedeli ma anche i suoi haters. Le aziende che vogliono inserirsi su Clubhouse devono dunque prestare molta attenzione al ruole dei moderatori, organizzandosi efficacemente in tal senso. Questa questione di assoluta importanza non può essere lasciata al caso.
In una prima fase un brand potrebbe iniziare con un percorso chiuso di speaker selezionati secondo il modello conference, per evitare tali rischi. Operando in questo modo tuttavia, molti dei benefici legati alle caratteristiche peculiari di Clubhouse verrebbero meno. Per questo motivo all’inizio del nostro articolo vi abbiamo detto che non è tutto oro quello che luccica.
Su Clubhouse inoltre, il brand è la persona che parla del brand. Fondamentale è scegliere dei manager che diventano il brand. Se per esempio il marketing manager di un’azienda non ha la capacità di moderazione di una stanza, che come abbiamo visto è una questione di primaria importanza nell’utilizzo del social da parte dei brand, non deve svolgere tale ruolo. Non basta che sia super esperto della sua materia. E non basta nemmeno qualcuno dall’esterno che si metta a moderare la stanza. Clubhouse non è per tutti i brand.
Fare una conversazione diretta tra brand e persone può diventare dunque molto rischioso.
Ma esistono degli escamotage.
Il caso Ikea
Ikea, per esempio, ha aperto su Clubhouse una casa virtuale divisa in stanze per i vari momenti della giornata, affidati a figure autorevoli dei social: un living room con lo psicologo Luca Mazzucchelli, una cucina con Gnam Box e una camera da letto con Stefano Guerrera.
Facendo questo, il colosso svedese dell’arredamento ha alleggerito la conversazione, evitando l’instaurarsi di una comunicazione diretta tra brand e persone. Questo perché il fulcro viene spostato dal brand alla casa e ai suoi spazi virtuali con contenuti specifici.
Potremmo parlare di un’operazione di content marketing su social.
Ecco le parole di Ikea per lanciare il progetto:
“Soggiorno, Cucina e per finire Camera da letto e bagno: IKEA Italia ha ricostruito con le “rooms” di Clubhouse un’intera casa sulla piattaforma del momento. All’interno delle diverse stanze la community ha potuto incontrare e confrontarsi con appassionati e esperti, pronti a condividere le proprie conoscenze relative alla vita in casa. Con la Casa di IKEA, IKEA Italia diventa il primo brand di design che ha utilizzato Clubhouse per avvicinarsi ancora una volta alle persone.”
Il caso Peroni
Il giorno di San Valentino Peroni ha lanciato una campagna, dal nome #PeroniXsempre, con lo scopo di raccogliere messaggi d’amore provenienti da tutta Italia. La campagna si è articolata su più media e strumenti digitali, tra cui Tinder, Facebook e Instagram. Senza tralasciare nemmeno il neonato Clubhouse.
Con la collaborazione di Ninja Marketing e Wavemaker è stata infatti creata una room “Powered by Peroni”. All’interno della stanza sono state commentate alcune delle campagne pubblicitarie più belle mai realizzate sull’amore e, inoltre, grazie alla caratteristica instant del social, sono state raccolte in tempo reale le dichiarazioni d’amore degli ascoltatori.
Anche in questo caso dunque il cuore della conversazione non verteva semplicemente sul brand quanto piuttosto su una tematica universalmente riconosciuta come l’amore. Andrea Fusco di Wavemaker ha dichiarato:
“Clubhouse è sicuramente uno stimolo interessante per combinare tre elementi che in questo momento sono al centro della relazione tra brand e consumatori: i contenuti, l’interazione, l’audio – anche sulla scia dell’attenzione crescente al mondo dei podcast e dei voice assistant. L’iniziativa è importante in un’ottica strategica per il brand ed il suo contenuto di sperimentazione”
Ikea e Peroni non sono gli unici brand ad essere approdati su Clubhouse. Barilla, il Consorzio Parmigiano Reggiano e Inter sono solo alcuni tra gli altri nomi di brand ad essersi già affacciati in questo nuovo social totalmente audio.
Clubhouse: il rapporto con i podcast
Andrea Fusco, head of social di Wavemaker, ha giustamente collegato Clubhouse ai podcast. Quando si parla di audio infatti non si può non parlare di podcast. Ma qual è il rapporto tra il “neonato” Clubhouse (nascita: primavera 2020) e l’”adolescente” podcast (nascita: 2004)?
Seppure entrambi questi strumenti siano “figli dell’audio”, Clubhouse e i podcast perseguono scopi differenti. Innanzitutto, Clubhouse è un social network laddove invece il podcast costituisce un vero e proprio medium a se stante. Per intenderci, potremmo confrontare o paragonare Clubhouse ad altri social come Facebook o Instagram, mentre per il podcast dovremmo confrontarlo con veri e propri formati differenti come i video, le immagini o i testi scritti.
I podcast sono veri e propri “show audio” on demand che permettono agli ascoltatori di usufruirne nei contenuti quando e come preferiscono, senza vincoli di palinsesto. Come se si trattasse di una versione audio di Netflix o Prime Video. Molti podcast sono realizzati sul modello del formato narrativo e spesso sono strutturati a stagioni proprio come le serie tv. Hanno dunque la possibilità di essere arricchiti da un impianto di sound designing solido e stimolante in grado di aprirci le porte al potere dell’immaginazione. Il podcast poi non presenta rischi per i brand come quelli che abbiamo elencato precedentemente per Clubhouse.
Clubhouse, dal canto suo, ha delle altre caratteristiche e possibilità non realizzabili con i podcast: la possibilità di creare eventi audio in diretta, la possibilità di interagire in tempo reale con gli ascoltatori e far divenire questa stessa interazione fulcro della conversazione, nonché la capacità di approfondire argomenti “caldi” praticamente in real time.
Per capire questo valore legato al real time, pensiamo alle opportunità che Clubhouse può offrire come strumento di conversazione legato per esempio all’ultima puntata della nostra serie tv preferita appena andata in onda. Un luogo in cui altri fan fedeli come noi possono riunirsi per commentare quello che hanno appena visto. Quante opportunità si aprirebbero in questo senso per i brand del settore?
Una cosa, più di ogni altra, infatti accomuna sia i podcast che Clubhouse: la possibilità di essere utilizzati dai brand ai fini di comunicazione e marketing. I podcast attraverso i branded podcast divengono uno strumento di marketing a disposizione dei brand per instaurare una relazione autentica tra consumatori che divengono ascoltatori e azienda stessa che diviene narratrice.
Alcuni consigli per avere successo come brand su Clubhouse
Per avere successo come brand su Clubhouse è fondamentale comprendere a pieno il social che si vuole utilizzare. Clubhouse e l’audio non rappresentano la vetrina per la promozione di propri prodotti o servizi, ma sono prima di tutto un insieme di conversazioni in grado di dare valore a chi ascolta. I brand devono dunque focalizzarsi su questo aspetto e non sulla vendita. Si parla di autenticità e relazioni reali: attenzione non quelle fasulle e solo apparentemente autentiche di altri tipi di comunicazione.
Prima di addentrarci nel discorso è bene però fare una distinzione tra brand e personal branding.
Brand VS Personal Branding: quanto deve emergere il brand rispetto alla persona che parla?
Un tema di discussione riguardo le modalità di accesso dei brand a Clubhouse verte infatti su una domanda più che legittima:
“Ok, sono il CEO di un’azienda e ho deciso di entrare come brand su Clubhouse. Ma a questo punto quando creo una stanza dovrà emergere il mio brand o la mia persona?”
Come abbiamo sottolineato più volte, su Clubhouse il marketing finalizzato all’auto celebrazione della propria azienda o al racconto del perché sia la migliore in circolazione non funziona affatto. Un’azienda è fatta di persone e ognuna di queste persone ha sicuramente una storia, degli aneddoti e delle curiosità da raccontare. Clubhouse è il luogo maggiormente adatto proprio a questo tipo di comunicazione.
Perché la notizia che Elon Musk sia approdato su Clubhouse ha suscitato così tanto interesse? Del resto non è anche lui un imprenditore e CEO di diverse aziende?
Ha suscitato così tanto interesse perché Elon Musk rappresenta un personaggio in grado di trascendere i suoi brand ma al tempo stesso esserne parte indissolubile. Non apre una stanza per parlarci di quanto sia cool Tesla, apre una stanza per parlare di argomenti che spaziano su diversi temi creando interesse, clamore e soprattutto opportunità per gli ascoltatori. Certo, non siamo tutti Elon Musk ma anche quelle persone che non godono di fama e popolarità possono crearsi un proprio network su Clubhouse.
Per rispondere alla domanda iniziale, la vera sfida, a prescindere che si parli dal punto di vista di brand o di persona, sta nel creare conversazioni di qualità in grado di apportare valore e utilità agli ascoltatori.
Un brand che si occupa per esempio della vendita di capi d’abbigliamento potrebbe aprire una stanza per parlare delle ultime tendenze in fatto di moda, ponendosi come fonte autorevole di informazioni e conoscenze di valore. Insomma come abbiamo detto prima, Clubhouse per i brand potrebbe essere paragonato ad uno strumento di content marketing, il cui principio fondante è la creazione di contenuti interessanti e di valore per gli utenti, non una pubblicità nei confronti del brand stesso.
Tips & Tricks per fare personal branding su Clubhouse
Aumentare la propria popolarità su Clubhouse può avere conseguenze molto positive per il tuo business. Per farlo però è necessario essere attivi sul social e procedere per step. Nonostante possa essere forte la tentazione di partecipare a stanze con migliaia di persone, le chance di essere notati in room così ampie sono molto basse. Meglio allora iniziare con stanze da 10 o 20 persone in cui poter avere più possibilità di essere “invitati” a parlare.
Ovviamente devi essere certo che le stanze nelle quali entri siamo rilevanti per il tuo settore.
Nel momento in cui ti viene data la possibilità di parlare non sprecare il tuo tempo per dire chi sei o che lavoro fai ma piuttosto focalizzati sul fornire fin da subito valore alla conversazione.
Stai infatti chiedendo alle persone di darti tempo e attenzione, alcuni tra gli asset più preziosi di cui dispongono. Quindi non sprecare questa grande opportunità. Gli ascoltatori infatti non rimarranno connessi molti minuti a sentire discorsi mediocri! Il nostro consiglio è quindi quello di prepararti bene nel momento in cui decidi di creare una stanza: solo in questo modo potrai dare vita ad uno show davvero strutturato e impeccabile. Infine, Clubhouse è un nuovo social, quindi la parola chiave è: sperimentare. Dai sfogo alla tua creatività, poiché ancora nulla è stato quasi inventato. Non ridurti a seguire semplicemente le idee degli altri.
Creando conversazioni di valore saranno maggiori le possibilità che chi è presente nella stanza clicchi sul tuo profilo per leggere la tua biografia. Inoltre aumenteranno anche i tuoi follower e in questo modo ogni qualvolta aprirai una stanza saranno informati con una notifica che sei in diretta. Meglio ancora sarebbe creare una stanza in cui non sei l’unica persona che parla. Cerca dunque di creare relazioni con persone che lavorano nel tuo settore e che hanno maggiore popolarità sul social rispetto a te. In questo modo quando il tuo “partner” entra nella stanza, anche i suoi follower saranno avvisati con una notifica dandoti la possibilità di essere seguito a tua volta.
Abbiamo parlato di biografia: bene, dedicaci molta attenzione. Perché quel testo è lo strumento con il quale potrai essere trovato dagli utenti tramite la barra di ricerca di Clubhouse.
Conclusioni
In America alcuni brand hanno iniziato a sfruttare le potenzialità e i benefici che Clubhouse offre. E anche in Italia sta succedendo questo. Dopo un periodo però di hype alle stelle, il social sempre ora essere in una fase dormiente. I brand stanno capendo come inserirsi al meglio in questo ecosistema audio… perché si, Clubhouse è cool ma i rischi rimangono comunque ancora molti.
Quel che è certo è che fino a qualche mese fa sembrava fantascienza parlare di un social audio ma quel momento è già arrivato. E pensate che i grandi colossi digitali come Google o Facebook non abbiano nel frattempo già pensato ad una qualche forma di integrazione audio per sfruttare questa tendenza?
Siamo certi, ne vedremo delle belle. Se volete continuare a rimanere aggiornati su tutte le ultime novità nel mondo digital audio vi consigliamo di iscrivervi alla nostra podletter, la nostra newsletter in podcast.